"Romanzo di una strage" - Piazza Fontana, 12/12/1969
Marco Tullio Giordana affronta un altro mistero italiano. Dopo il delitto
Pasolini, è la volta di raccontare la
strage di Piazza Fontana, l'attentato di cui nessuno è al momento colpevole, commesso il 12 dicembre 1969.
"
Romanzo di una Strage" è la cronaca di quegli anni, della strategia della tensione e delle cosiddette stragi di Stato. Di fronte al pericoloso vento di novità scaturito dal 68, chi tiene le redini del potere fa di tutto perché nulla cambi, spingendosi non lontano da svolte estreme come il golpe e inquinando di proposito la vita sociale italiana.
Il film di
Giordana, dopo un prologo che mostra la situazione storica, gira intorno all'attentato, alle indagini e a
Luigi Calabresi,
Valerio Mastandrea, commissario dal volto umano additato come responsabile della morte dell'anarchico
Giuseppe Pinelli, ma alla fine solo vittima dei poteri forti e colpevole solo di non aver denunciato la verità.
Anche in "
Romanzo di una Strage", un cast ricco dei migliori attori italiani, capaci di dare verità e spessore a personaggi che furono familiari a una generazione; dallo stesso Calabresi fino a Valpreda, ma anche Aldo Moro (
Fabrizio Gifuni), Mariano Rumor, Freda, Ventura e Giannettini, fino a Giuseppe Pinelli, conosciuto purtroppo soltanto dopo la sua morte e comunque ben disegnato intorno a
Pierfrancesco Favino. Splendido il Presidente Saragat di
Omero Antonutti; affilato e freddo come un rasoio il Prefetto Federico Umberto D'Amato di
Giorgio Colangeli, manovratore di tutte le trame oscure.
Le due ore e dieci del film scorrono senza cali di tensione fino alla spiegazione del mistero; un'ipotesi affascinante ma che sembra voler dare un senso alla valanga di assoluzioni piovuta su tutti i processi, riconoscendo innegabile una responsabilità dell'eversione di destra e delle forze deviate dello Stato nell'attentato, ma non nella strage, della quale, colpevoli e mandanti, sarebbero da cercare all'estero.
Da lodare i dettagli e le ricostruzioni, gli abiti e le acconciature d'epoca, discreti e per questo credibili, capaci di mettere a proprio agio lo spettatore, mai infastidito da pantaloni sgargianti o dozzinali basettoni. Impeccabile la gamma delle auto d'epoca, di cui il regista è collezionista, presenti in tutte le scene all'aperto con il risultato, anche qui, di dare la giusta atmosfera alla situazione.
Il film forse, spinge un po' troppo nell'umanizzare quei personaggi che, noi sappiamo, faranno presto o tardi la fine peggiore; Pinelli, Calabresi, Moro, ma anche Feltrinelli, mostrando di loro prevalentemente aspetti positivi, preparandoli così al meglio per il triste ruolo finale di vittime. Ma d'altronde, di romanzo si tratta.
26/03/2012, 14:34
Stefano Amadio