Note di regia de "Gli Anni più Belli"
Giacomo porta a riflettere su come ognuno di noi si confronti con il tema della malattia e con la paura di incontrarla nel corso della nostra esistenza. A spingermi verso questo documentario è stato soprattutto il desiderio di mostrare una trasformazione personale, di raccontare una storia in cui il tumore non è solo una sfortuna o una cosa da nascondere, ma un’occasione di cambiamento. Il documentario segue inizialmente la scansione dei capitoli del libro “Non siamo immuni”: parla di diagnosi e terapia, di cibo, di scuola, del rapporto coi medici, dell’addio all’equitazione, ovvero sport che Giacomo praticava a livello agonistico fino al manifestarsi del tumore. Grazie a diagnosi più precoci e terapie sempre più avanzate, oltre tre milioni di italiani sono oggi vive dopo aver avuto un cancro. Per la maggior parte di loro la malattia è un punto di rottura, una sorta di rivoluzione. E molto spesso trovare le parole per raccontarlo, aiuta ad affrontare il percorso. E’ questo uno degli aspetti su cui punta la Medicina Narrativa, di cui si sente sempre più spesso parlare. Recuperare il racconto per restituire vita alla vita è l’idea di fondo di questo docufilm: per questo, le parole si ascoltano e si leggono, hanno un loro peso specifico e un loro valore terapeutico, perché, come molti malati testimoniano, la narrazione stessa diventa curativa, se utilizzata con consapevolezza.
Il documentario però va oltre il libro. Iniziamo pian piano a conoscere Giacomo al di fuori di quelle pagine, a seguirlo quando va in visita al maneggio dove ha iniziato a cavalcare, in visita dai nonni, a pranzo con un suo amico al mare, dopo un esame all’università, al Centro protesi Inail dove riceverà una nuova ‘gamba’. E infine in acqua, alle prese con una nuova passione, il canottaggio. Con la sua storia, Giacomo interpreta la frase di Simone Weil ‘La gioia non è altro che il sentimento della realtà’ (Quaderni, 1982, Adelphi Edizioni).
Livia Parisi