A CASA TUTTI BENE - Incontro e scontro nella famiglia mucciniana
Scola, Monicelli… siamo fermi lì, e poi negli anni 90 ci ha provato, con buoni risultati il Virzì di "
Ferie d’Agosto". Adesso o trovi un’altra strada, o hai un'altra penna, o continuare a raccontare le famiglie e le loro beghe, non ha alcun senso.
Gabriele Muccino ce la mette tutta, gira meglio del novanta percento dei colleghi, ma proprio non riesce a offrirci qualcosa di nuovo, anzi.
Il regista e sceneggiatore, insieme a
Paolo Costella, racconta una riunione di famiglia che sfocerà immancabilmente nel lancio di pesci in faccia, merda nel ventilatore e tentati omicidi come talmente tante ne abbiamo viste che sarebbe difficile citare i titoli senza far torto a nessuno, partendo proprio dai due maestri citati all’inizio.
Il primo problema del film e del suo difettoso funzionamento (sorvolando sull'enfasi delle interpretazioni e sul parossismo di situazioni e musiche), è che i litigi arrivano tutti o quasi (vedremo poi le eccezioni) per ragioni sentimentali, argomento che in una famiglia italiana è generalmente tabù, o in casi estremi può essere la chiusura di una situazione conflittuale, spesso la causa nascosta, raramente l’incipit esplicito.
Dopo i sorrisoni degli incontri iniziali, due canzoni cantate a squarciagola davanti al pianoforte (per fortuna non in macchina, almeno non subito...), in "
A Casa Tutti Bene", le corna, le insoddisfazioni le gelosie amorose cominciano subito ad essere argomento primario, trainante della storia e dei conflitti a venire.
L’unica eccezione è quella del cugino sfigato Riccardo, interpretato da
Gianmarco Tognazzi, che, malgrado anche lui abbia con sé l’aspetto sentimentale a rischio diabete (la compagna incinta che usa la pancia come una bandiera al vento), crea scompiglio per l’autentica causa di maggior scontro tra familiari, il denaro. E infatti Riccardo e la moglie, coatta già dal nome Luana (
Giulia Michelini), sono gli unici personaggi veri e credibili del film che vanno a chiedere soldi e lavoro malgrado una reputazione pessima e dei trascorsi negativi. Oltre a loro, il concreto pater familias Pietro interpretato da
Ivano Marescotti.
Il resto è fuffa adolescenziale. Gelosie, paure, corna vissute commettendo errori madornali da pivelli (come essere scoperti sul fatto giusto per mandare avanti la baracca della sceneggiatura), dichiarazioni d’odio e d’amore, conflitti tenuti nascosti per timore di perdere il partner e passioni eterne malgrado tutto.
E poi l’amore puro, quello dei sedicenni che ancora non sanno ciò che lì aspetta, che stanno lì lì per cascare nel calderone dell’infelicità, che si pongono domande del tipo “
Che ne sarà di noi”, hanno idee chiare e profonde sul domani: “
Come sarai tra 10 anni” chiede lei sdraiata sul letto, “
Giusto” risponde il filosofo adolescente dal letto accanto.
04/02/2018, 10:00
Stefano Amadio