Note:
IL PEDOCÌN
Il Bagno Lanterna nasce tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900 lungo il molo di Santa Teresa, divenuto poi molo Fratelli Bandiera: costruito in legno, da subito viene diviso in due da una palizzata centrale (più tardi cementificata), eretta per evitare “atti contrari alla decenza”. Oggi risulta “incastonato” in un contesto urbano dominato – come molti altri luoghi della città – da ossimori e contrasti. Subito fuori dallo stabilimento, da un lato si possono ammirare le barche a vela ormeggiate nelle marine e in lontananza gli eleganti edifici neoclassici delle Rive, mentre dall’altro incombe la dogana del porto di Trieste, dove centinaia di Tir turchi aspettano in fila per espletare le procedure doganali prima dell’imbarco.
Se il nome ufficiale di “Bagno Lanterna” si deve alla lanterna collocata sul molo nel 1832 come faro marittimo, più incerte sono le origini della denominazione “Pedocìn”: per alcuni storici si tratta di un riferimento ai mitili (in dialetto “pedoci”) che alluderebbe alla miriade di bagnanti che lo affollavano, innumerevoli come – appunto – i militi attaccati agli scogli.
Tuttavia il nome potrebbe derivare dal fatto che lì andavano a “spidocchiarsi” i militari austro-ungarici e il popolo (pidocchio in triestino si dice “pedocio”, quindi il nome del bagno significa anche “piccolo pidocchio”). In realtà il primo nome popolare del bagno fu “Ciodìn” (“piccolo chiodo”), e si deve al fatto che i frequentatori dello stabilimento si portavano da casa i chiodi per appendere i propri abiti.
Quel che è certo è che dopo oltre un secolo il Pedocìn non ha perso il suo carattere popolare, che ne fa una spiaggia ancora oggi affollatissima e molto amata dai triestini, un autentico, intoccabile luogo simbolo della città. Tanto che quando, alla fine degli anni ’80, il quotidiano “Il Piccolo” lanciò provocatoriamente un referendum sulle sorti del muro, le reazioni appassionate non si fecero attendere: il muro non si tocca.