Sinossi *: La leggenda vuole che già nell’assolata Barletta degli anni Cinquanta, il piccolo Mennea si fosse guadagnato la fama sfidando in corsa i “macchinoni” dei ragazzi più ricchi: non c’erano Alfa Romeo o Ferrari che tenessero, Pietro in velocità le bruciava tutte. Inizia così la storia del più grande velocista della storia dell’atletica italiana, primatista mondiale dei 200 metri piani dal 1979 al 1996 con il tempo di 19”72, tutt’ora record europeo, e Medaglia d’oro alle Olimpiadi di Mosca del 1980. A due anni dalla scomparsa, Rai celebra il grande velocista pugliese nel film “Pietro Mennea – La Freccia del Sud”, per la regia di Ricky Tognazzi, in onda domenica 29 e lunedì 30 marzo, in prima serata su Rai1. A dare volto e anima al mito dell’atletica leggera, Michele Riondino, uno degli interpreti più amati del piccolo e grande schermo, come Mennea uomo del Sud. Una coproduzione Rai Fiction e Casanova Multimedia, prodotta da Luca Barbareschi, lui stesso protagonista nella miniserie nei panni del grande Carlo Vittori, uno dei migliori tecnici federali che l’Italia abbia mai avuto, l’allenatore che più di ogni altro fu vicino al campione. Nel cast, Elena Radonicich è la moglie Manuela, la donna della sua vita, mentre Gian Marco Tognazzi veste i panni di Masi, il funzionario FIDAL spesso in conflitto con l’atleta. E, ancora, Jerry Mastrodomenico (Lojacono), Nicola Rignanese (il padre, sarto, che non smise mai di credere nella genialità agonistica del figlio) e la partecipazione di Lunetta Savino, nel ruolo della paziente ma severa (e amatissima) madre del velocista.
Un atleta, Mennea, che ha fatto dei valori e dei principi etici legati allo sport la sua bandiera. «Contro il nemico si combatte, con l’avversario si compete. E la competizione implica lealtà e rispetto»: questo l’insegnamento tratto da una gioventù vissuta all’aperto e da esperienze che forgiano una personalità solida.
Ma quella della “Freccia del Sud” è soprattutto la storia di un atleta determinato e ostinatamente tenace che con impegno, sacrificio e forza di volontà, è riuscito a spingersi oltre i limiti fisici senza fermarsi mai nel suo percorso, nemmeno quando l’ostacolo sembrava intramontabile. Un uomo di talento, animato dalla spinta a vincere e a lanciarsi dopo ogni traguardo nella sfida successiva, considerando ogni successo, piccolo o grande, un semplice punto di partenza per una nuova avventura anziché un approdo.
Un racconto vibrante e dal valore universale scritto per regalare emozioni e celebrare un campione divenuto uno dei miti dell’immaginario sportivo internazionale.
Note:
LIBERAMENTE ISPIRATO A "LA GRANDE CORSA" di PIETRO MENNEA e FRANCESCO VALITUTTI.
Prima parte
Olimpiadi di Mosca, 1980. Pietro Mennea è ai blocchi di partenza per la conquista della medaglia olimpica. In un attimo, tutta la sua vita gli scorre davanti. Barletta. Molti anni prima. Pietro va a scuola, aiuta il padre Salvatore, umile sarto e soprattutto corre già più veloce di tutti. È una corsa che esprime l’energia di vivere e la solarità meridionale tarpata in un carattere timido. Almeno finché non è notato dai dirigenti di una Polisportiva locale, la Avis Barletta. Qui il talento di Pietro trova finalmente una strada e la sua esplosività un metodo. È in occasione di una trasferta dell’Avis che Pietro vede correre e vincere alle Olimpiadi di Città del Messico ‘68 l’atleta nero Tommie Smith. Dallo schermo della tv lo vede alzare al cielo il suo pugno chiuso. Il destino di Pietro è segnato. E il giorno dopo, fatale coincidenza, Pietro corre sotto lo sguardo di Carlo Vittori, il miglior tecnico federale italiano. Pietro vince. E di lì a pochi giorni Vittori lo richiama per proporgli di allenarsi con lui a Formia nella Scuola Nazionale di Atletica “Bruno Zauli”, un centro di eccellenza dove si formano i futuri campioni. La madre Vincenzina si oppone alla decisione di Pietro di intraprendere un futuro incerto nello Sport e, in un diverbio acceso, scaglia contro il figlio un bicchiere che resiste all’urto ma si scheggia; Pietro le intima di conservarlo per brindarci quando le porterà una medaglia d’oro olimpica. A Formia, Vittori studia Pietro, il suo talento, la forza di volontà superiore alla norma. Lo spinge in allenamenti faticosissimi, ripetute con carichi pesanti come i copertoni delle macchine. In questo periodo Pietro conosce Carlotta, che col suo carattere solare gli fa perdere la testa. Mentre l’atletica mondiale è concentrata sull’astro russo Valerij Borzov, Pietro inizia ad affermarsi conquistando nel 1971 il record italiano sui 200 piani. A Monaco ’72 il totem è Borzov. Pietro corre, ma si classifica terzo. Un ottimo risultato, ma la sua inquietudine, il suo perfezionismo gli impediscono di godere di questo importante traguardo. Monaco lo sottopone a una prova ancora più difficile: un gruppo di terroristi palestinesi appartenente a Settembre Nero sequestra e uccide undici atleti israeliani. Per Pietro è uno choc. Torna in Italia attraversato da dubbi, stordito. Carlotta non lo aiuta. Pietro misura la distanza fra la superficialità di lei, abbagliata dallo scintillio delle medaglie, e il senso più profondo che vuole dare al suo futuro. Con Vittori ritrova fiducia e riprende ad allenarsi con tenacia e sacrificio. Ora è pronto per affrontare di nuovo Borzov. E l’occasione arriva con gli Europei di Nizza ’75: stavolta lo batte ed è primo sul podio. Ma non basta. Pietro decide che per completare la sua dimensione di uomo deve studiare e si iscrive all’università. Lì incontra Manuela, una ragazza che alla bellezza unisce una profondità che Pietro non aveva mai incontrato e se ne innamora.
Seconda parte
Pietro rivede Manuela e inizia la relazione sentimentale più importante della sua vita. Intanto, si prepara per le Olimpiadi di Montreal ‘76. Vittori, in conflitto con i vertici della Fidal (Federazione italiana atletica leggera), viene sanzionato: non potrà seguire Mennea come preparatore atletico nell’Olimpiade canadese. Ma a Pietro, per evitare che reagisca compromettendo la sua partecipazione, dice di essersi dimesso. Pietro si sente abbandonato. E nonostante Vittori lo raggiunga per supportarlo, Pietro corre e arriva soltanto quarto. A quel punto la sua rabbia esplode, accusa Vittori di avergli fatto pagare lo scotto dei contrasti personali con la Federazione: i due si separano per sempre. Pietro cerca rifugio in Manuela che lo sprona a rialzarsi e a riprendere gli allenamenti. Poi un giorno, in un incontro con il giornalista Minà, scopre la verità su Vittori: non si era dimesso, ma era stato allontanato. Pietro decide a questo punto di recuperare il rapporto con il suo allenatore. Insieme tenteranno il record mondiale - quello ancora detenuto da Tommie Smith - a Città del Messico in occasione delle Universiadi ‘79. Alla notizia, la Fidal si oppone: in quel periodo Pietro rappresenterà l’Atletica nazionale nella Coppa del Mondo in Canada. Contravvenendo ai disegni promozionali della Federazione, Pietro e Vittori sono ora alle Universiadi di Messico ‘79, nonostante gli ostacoli e la sfiducia di tutti. Mennea corre e vince. Stabilisce il nuovo record mondiale: 19’’72. È finalmente l’uomo più veloce del mondo. È festa grande per il Campione che è già proiettato verso la medaglia d’oro olimpica. E a supportarlo è proprio la madre Vincenzina: Pietro ha 28 anni, ma non può lasciare senza aver tentato quell’ultima sfida.
Mosca ‘80. L’Italia, con le altre nazioni del Patto Atlantico, aderisce al boicottaggio dell’Olimpiade sovietica, in reazione all’invasione dell’Afghanistan. Pietro si spende con la Fidal per tenere alta la bandiera della Sport come valore di fratellanza universale. Il risultato è che gli atleti azzurri partiranno, eccetto gli appartenenti ai corpi militari, e comunque gareggeranno senza inno e senza bandiera. Non è l’unico peso nel cuore di Pietro: prima di partire ha discusso aspramente con Manuela e con lei tutto sembra irrimediabilmente finito. In queste condizioni, Pietro corre la finale dei 100 e la perde. È forse arrivato il momento di chiudere la carriera, ancor prima di misurarsi con la finale dei 200, la sua specialità? Appare demotivato, Vittori gli è vicino, ma non basta. Un incontro inaspettato con Borzov, avversario più temuto e rispettato, lo riaccende. Pietro deve cercare in sé le forze per recuperare. È il giorno più lungo della sua vita. Ed ecco materializzarsi Manuela, a suggellare il suo momento. È come se il puzzle dell’esistenza di Pietro si ricostituisse per intero. Ora è pronto a sfidare quegli atleti fortissimi e affamati di vittoria. Pietro corre e vince con una rimonta esemplare, unica nella storia dell’Atletica. È il suo trionfo e il coronamento di una vita da mito dello Sport.