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FESTIVAL DI TORINO - Tornano in scena "I più grandi di tutti"Sinossi *: Quindici anni fa erano una rock band, energica e provinciale come vuole la tradizione del rock, e da Rosignano Solvay, cittadina industriale del litorale tirrenico, avevano girato in lungo e largo il circuito alternativo nazionale, inciso un paio di album, e piazzato anche un brano in uno noto spot televisivo. Erano i Pluto: voce, chitarra, basso e batteria. Poi, sempre secondo tradizione, litigarono e si sciolsero. Ciascuno s’ingegnò a modo suo per sbarcare il lunario; si persero di vista, ognuno in fondo perso dentro ai fatti suoi, come direbbe Vasco.
Loris, per esempio, che era il batterista, si è sposato con Simona, insieme alla quale ha fatto un mutuo per un bicamere con balcone, e un figlio, Alessio, che ha sei anni e sembra aver scarsa considerazione per quel babbo mezzo disoccupato e apparentemente buono a nulla.
La memoria di quell’esperienza avventurosa e sfrenata sembra essersi perduta per sempre, nessuno ha più idea di chi fossero “I Pluto”.
Finchè un giorno, Loris, non si vede recapitare una sorprendente e-mail da parte di uno strano giornalista musicale: un certo Ludovico Reviglio, a sentir lui devoto estimatore dei Pluto fino al fanatismo, che gli comunica l’intenzione di voler realizzare un documentario proprio su di loro.
Loris sulle prime prende la cosa come uno scherzo, ma di fronte alle ripetute ed insistenti telefonate da parte di questo misterioso ammiratore, che non vuol sentir ragioni e fissa anche un appuntamento, deve arrendersi a questo tenace interessamento. E siccome viene ventilata anche la possibilità di ricavarci qualche soldo, Loris vince la propria riluttanza e si mette alla ricerca degli altri componenti della banda.
Impresa che si rivela difficile, perché gli ex-membri dei Pluto hanno finito col detestarsi l’un l’altro: il cantante Maurilio detto Mao fa il barman in un localetto sulla costa, la bassista Sabrina, che quindici anni fa sembrava la quintessenza della trasgressione, adesso si è accasata con un compagno agente immobiliare e tiene in ordine la villettina a schiera pretenziosa e meschina, il chitarrista Rino è operaio con contratto a termine presso gli stabilimenti Genchem, e si prende cura del babbo ex-operaio, reduce da due infarti.
Nessuno di loro sembra aver voglia e tempo da perdere per rievocare la memoria di eventi che non solo ormai appartengono al passato, ma che ai loro occhi di oggi appaiono stupidi, sconclusionati e causa di infinite recriminazioni. Ma Ludovico Reviglio, questa specie di giornalista-ammiratore, è un tipo veramente unico: sa tutto dei Pluto, anche dettagli della loro vita privata, manco fossero i Rolling Stones, ma quel che impressiona più di tutto, e che impedisce a Loris e agli altri di sottrarsi a quell’ostinata ammirazione, è che quel Ludovico è costretto sulla sedia a rotelle. Un trentenne appassionato e devoto, in un corpo pallido e fragile: un ricatto vivente. I quattro della banda ricevono tutto questo affetto in preda a un sentimento di riconoscenza misto a un vago senso di colpa. Non riescono a dirgli di no, sono costretti ad assecondarlo in quel suo progetto, che prevede inoltre di riportarli sul palco per un nuovo clamoroso concerto.
Dunque non è vero che erano dei buoni a nulla, per qualcuno avevano contato davvero qualcosa, ma soprattutto, inaspettatamente, quell’incontro dà modo a quei quattro bischeri, frustrati e ignoranti di riassaporare il gusto di sentirsi protagonisti di qualcosa. Anche agli occhi del piccolo Alessio, che non sapeva nulla di quel passato musicale, quel suo babbo intronato dalle canne e dall’inattività diventa in qualche modo un eroe di cui essere finalmente orgoglioso.