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Venezia 2011: "Cose dell'Altro Mondo", un'idea indovinata ma che fatica a raggiungere un traguardoSinossi *: Mettiamo una bella, civile e laboriosa città del Nord Est. Mettiamo che questa città abbia una percentuale alta di lavoratori immigrati, tutti in regola e ben inseriti. Mettiamo, per esempio, Treviso. E mettiamo, per esempio, che a Treviso un buontempone d’industriale si diverta a mettere quotidianamente in scena un teatrino razzista: iperbole, giochi di parole, battute sarcastiche, tutte, ma proprio tutte, così politicamente scorrette da risultare esilaranti. Mettiamo che un giorno il teatrino si faccia realtà, che gli immigrati, invitati a sloggiare, tolgano il disturbo. Per sempre.
“Cose dell’altro mondo” esplora questo paradosso, con lo stesso linguaggio politicamente scorretto del suo protagonista: ironia in luogo della drammaticità, imbarazzo al posto dell’ideologia, tenerezza dove si vorrebbe conforto sociologico.
Capita così che il buontempone nordico e con lui un cinico poliziotto romano e una “buona” e bella maestra elementare, vadano a gambe all’aria e continuino a rotolare in un mondo che ha perso il suo buon senso per trovarsi in bilico sull’orlo del precipizio e lì lanciare un’occhiatina nell’abisso dei loro cuori e nel buio del loro futuro.
Per la prima volta un film italiano affronta le tematiche dell’immigrazione e del razzismo con una robusta vena comica, per la prima volta si racconta il “loro”, mettendo in scena il “noi” per la prima volta si cerca di fare un passo avanti spintonando la coscienza a colpi di risate.